Un mese e mi sento già a casa. Un mese e sento di essermi adattata a questa città così frenetica. Mi alzo sempre presto, questa è l’unica abitudine che proprio non riesco a perdere. Quindi mi vesto veloce e vado a comprarmi la colazione nell’unico posto aperto, il cinese sotto casa mia, ormai siamo diventanti amici. Il cielo è grigio, qualche bici silenziosa mi sfreccia accanto e le strade sono ancora bagnate dalla pulizia stradale della notte precedente. Finito il caffè sono pronta per andare a lezione, apro il portone e magicamente la città appare così diversa, ecco è uscito il sole.
Barcellona si è svegliata. Madri, padri e bambini corrono a scuola, i più anziani corrono invece ad accaparrarsi il petto di pollo migliore al mercato e le macchine suonano il clacson all’impazzata. Questa è la Barcellona che piace a me. Dopo quindici minuti di bicicletta, arrivo in facoltà. È proprio il tragitto che faccio al di fuori della metro che mi frega, più che sembrare una studentessa a Barcellona sembro una giapponese in Piazza del Campo, confermando così la regola che a noi italiani piace fare con calma. La regolarità delle lezioni è garantita, sempre, ma garantito è anche il fatto che ogni professore che si rispetti e che rispetti quindi il suo territorio non si presenti alle lezioni durante i giorni di “vaga” (sciopero).
Dal 27 ottobre, giorno in cui è stata dichiarata l’indipendenza (dall’ormai ex) Presidente della Generalitat Puigdemont (la quale durerà meno di mezza giornata), stare dietro a notizie di politica come queste è impegnativo e le idee diventano confuse. Non esistono compromessi in questa città. Mi domando se è giusto premere sul tasto della nazionalità e della cultura per spingere un cittadino a credere che la diversità debba essere esaltata fino a tal punto, non è forse meglio preservarla e tramandarla senza colpi di testa? Un tempo non era proprio la diversità la ricchezza del mondo? Eppure Carolina, originaria di Barcellona, ha ben chiara nella mente la sua posizione, lei non è per una Catalogna unita e divisa dalla Spagna, ma lei sta con la Catalogna, lei non scende per strada, ma è pronta a discutere di sanità e istruzione, è pronta a cambiare le cose, garantendo. Io e Carolina ci siamo conosciute grazie alla nostra voglia di praticare le diverse lingue, non mi avvicino al catalano, ma sono riuscita a trovare una ragazza che vuole imparare l’italiano e che è disposta a sentire il mio terribile spagnolo. Dopo un timido e primo incontro, ora siamo diventate amiche e fare colazione insieme è diventata un’abitudine. Parliamo di tutto, del mio Erasmus e del suo Erasmus a Torino, della situazione catalana e del sistema universitario. Entrambe concordiamo su molti aspetti.
Le parlo spesso del fatto che sto faticando a integrarmi in questo sistema universitario che è veloce proprio come questa città. E dall’incontro tra una fiorentina che studia a Barcellona e una spagnola di Barcellona che ha studiato in Italia nascono mille idee per integrare i due diversi sistemi d’istruzione, uno un po’ troppo teorico e l’altro un po’ troppo pratico. Lavori di gruppo, presentazioni con power point, relazioni, dibattiti durante le lezioni e fuori, insomma qua non ci si annoia mai e uno studente uscito da qui avrà la competenze giuste per essere catapultato nel mondo del lavoro. Sento però la mancanza di qualche professore che sulle note del proprio libro si fa portavoce della nostra antica cultura che ci rende unici proprio per la nostra ricerca del bello e della perfezione (rischiando di annoiare dopo due ore di lezione, sì). L’idea è quella di combinare sistemi vecchi e nuovi in modo da crearne uno che sia più utile ed efficace a tutti, senza inutili imitazioni da parte di uno o dell’altro. Se in Italia la domenica è il giorno del riposo, ma soprattutto il giorno del riposo delle biblioteche, qua le biblioteche non dormono mai (la siesta la fanno anche loro, quella si).
La maggior parte delle biblioteche durante la settimana chiude all’una di notte e se quindi prima mi lamentavo di non riuscire a studiare dopo cena perché il divano era più invitante della scrivania, ora non trovo più scuse per procrastinare. Trovata la giusta organizzazione riesco a ottimizzare tutto il tempo che ho durante la settimana, senza dovermi sentire in colpa se decido di prendere parte alle attività che ESN ogni settimana propone per permetterci di visitare altre città della Spagna durante il weekend in compagnia.
Ed ecco che con un altro semplice click, io e il gruppo di amici italiani conosciuti qui (si quelli che avrei dovuto snobbare per praticare l’inglese, lo spagnolo e il catalano), voliamo verso le Isole Canarie in tre ore e mezzo. Mi preparo al freddo Natale che mi aspetta a Firenze, nuotando tra un’onda e l’altra di Fuerteventura, bevendo del buon moscato nell’isola di Lanzarote e assistendo finalmente a un tramonto (il primo dopo un mese) sulla costa ovest della Spagna. Il volo parte e io posso finalmente staccare il computer e leggere il mio libro.